Per iniziare, l'elenco dei parametri forzati da Story Spinner:
Ambientazione: bassifondi
Incipit: (lui) strizzò l'occhio a
Parole da utilizzare:
Gonfio
Tulipani
Barattolo dei biscotti
Zip
Come elemento di continuità da "Prima conoscenza della notte" della nostra Giulia ho preso il personaggio di Katherine nell'appartamento di New York.
Anticipo che mi sono divertito ad allontanarmi un po' dal mio genere... Buona (speriamo) lettura!
Tullband in sospensione
di Elio Brunetti
Strizzò l'occhio ai suoi demoni,
liberando un risolino sardonico, fintanto che le sue labbra non
saggiarono l'asfalto.
In quel maledetto angolo di città le
sere parevano tutte uguali, dall'odore stantio potevi intuire ci
fosse stato un passato, ma non c'era ricordo che non si sciogliesse
in una bottiglia di Jack, in ciascuna di quelle bettole di cui il
quartiere era pieno; quanto al futuro, doveva aver scelto di abitare
ovunque meno che lì. Malik si sentiva quasi fluttuare in quella
sospensione colloidale che era il suo presente, poteva muovervisi
senza fatica pur tuttavia non avanzando in alcuna direzione.
Guardò il muro attraverso al vapore,
Malik: non sembrava esistere abbastanza birra per sanare la sua
insoddisfazione, litro dopo litro aveva esasperato la sua vescica
fino al punto in cui non avrebbe potuto essere più gonfio; orinando
contro il marciapiede, ogni sorso gli ripassava innanzi in quel
piccolo rigagnolo termale. Non aveva nemmeno avuto il tempo di
alzarsi la zip quando fu avvicinato da quell'uomo dal naso aquilino e
dai modi insospettabilmente suadenti, che senza curarsi
dell'ubriachezza di Malik gli offrì una manciata di dollari per
aiutarlo a portare alcuni bagagli nell'appartamento. Quella fu la
prima volta che la vide.
Erano bastati pochi attimi: leggiadra,
era scesa dalla macchina e aveva salito le scale, per poi scomparire
dentro all'appartamento, non prima di essersi congedata volgendosi
per un istante e mostrando così un sorriso discreto e gentile. A
Malik parve di non aver mai conosciuto alcuna dolcezza: quel soave
piccolo gesto accese un incendio nello sconfinato deserto che si
estendeva dentro di lui. Fece avanti e indietro altre due volte nello
scaricare l'automobile, ma non gli riuscì più di vederla. Trascorse
la notte nel dormiveglia, ritrovandosi di fronte a quello sguardo
mite ancora e ancora nei suoi sogni, a quegli occhi bellissimi
malgrado la stanchezza evidente, che per un attimo gli si erano
posati addosso nella più delicata delle carezze.
Il mattino dopo, Malik si alzò alle
prime luci dell'alba, come non gli capitava da tempo e per la prima
volta osservando la sua stanza vide le macchie delle infiltrazioni,
le bottiglie vuote sparse un po' ovunque e le formiche che
alacremente portavano via quel poco che restava di vecchie croste di
pizza: provò disgusto. Questa giornata sarebbe stata diversa,
avrebbe fatto una vera colazione al posto della consueta birretta al
bar all'angolo e, più di ogni altra cosa, avrebbe smesso di
compatirsi. Aveva ancora i postumi della sera prima, appoggiandosi al
divano e poi al piano dei fornelli arrancò fino al barattolo dei
biscotti e lo aprì: ce n'era ancora uno, abbandonato lì da chissà
quanto, se lo portò alla bocca e masticò lentamente; radunò quindi
tutte le briciole con le dita e ingoiò quei miseri rimasugli. Quindi
si fece una doccia veloce, indossò i vestiti che gli parvero più
puliti, raccolse in un sacco la spazzatura che ricopriva ogni cosa
nel bilocale ed uscì.
Malik si fermò meditativo sulla soglia
dell'interno 7B al secondo piano, domandandosi se fosse quello
giusto; aveva due tulipani in mano, giocherellava nervoso con le
chiavi nella tasca sinistra: prese un respiro profondo e bussò.
Pochi interminabili secondi dopo, una
voce femminile chiese da oltre la porta:
– Chi è?
– Ehm... Ci siamo visti ieri, sono
quello che ha portato su le valigie...
Sentì la chiave girare nella
serratura, quindi vide la ragazza osservarlo fugacemente in una
fessura tra uscio e telaio per poi richiudere immediatamente.
Malik era ancora abbagliato da quella
fuggevole visione, così non realizzò immediatamente di essere
rimasto fuori. Dunque udì la catenella della porta ticchettare sul
legno e in un attimo gli fu aperta definitivamente.
– Io sono Katherine – disse lei,
inclinando leggermente la testa da un lato ed esibendo un sorriso
luminoso e spensierato. Indossava pantaloncini corti rosa e una
canottiera azzurra. Era stupenda.
– Malik – si presentò lui, dopo
qualche secondo di silenzio. Poi si guardò le mani e fortunatamente
vi trovò i tulipani. – Ecco, per te – continuò lui.
– Che belli! Grazie mille –
esclamò Kathy, avvicinandoli istintivamente al naso.
– Non profumano granché, lo so –
sussurrò lui, ritrovando un po' di naturalezza – E' un fiore
originario della Turchia... Come me, ecco. Il loro nome deriva dalla
parola “tullband”, che nella mia lingua significa turbante.– Sì? Un po' si assomigliano, in effetti. E tu Malik, come stai con il turbante? – domandò lei in tono scherzoso.
– Male! – risero – Sai, i turbanti possono essere appariscenti e colorati, scuri e discreti, ma in ogni caso tengono al riparo ciò che è... Davvero importante. Io – si interruppe per un po', guardandola negli occhi – Io...
In quel mentre entrò l'uomo dal naso
adunco: Malik alla luce del giorno ne notò la camminata strascicata.
Sembrava turbato dalla visita di quel giovane dalla pelle olivastra e
i capelli d'ebano, che ben poco ricordava l'ubriaco di alcune ore
addietro. Domandò come mai si trovasse lì,
dunque il ragazzo spiegò di essere tornato in cerca di qualche altro lavoretto, precisando di accontentarsi di pochi
spiccioli. L'uomo mandò Katherine a fare la spesa, dandole
appuntamento da lì a qualche ora. Quindi si mise a lavorare con
Malik a una seconda serratura da applicare all'ingresso, di cui lui
solo doveva avere la chiave. Notata l'espressione dubbiosa del
ragazzo, accennò qualcosa su un problema di sonnambulismo di Kathy.
Non mancava molto alla fine del
montaggio quando l'uomo si accorse dei fiori appoggiati sul tavolo.
– Abbiamo terminato –
sentenziò sbattendo la porta in faccia a Malik.
Provò a tornare più volte, ma non
ebbe mai alcuna risposta. Pensò a ogni possibile scenario, forse
aveva scatenato le ire di lui e si erano trasferiti, forse lei era la
sua giovane amante e quell'appartamento lo usavano solo di rado, forse Kathy
non voleva più parlargli. Nel frattempo aveva trovato un lavoro ben
retribuito come facchino e stava mettendo da parte un po' di soldi
per aprire un negozio tutto suo. Avrebbe curato e venduto i fiori più
variopinti di New York. Magari un giorno lei avrebbe cercato un
tulipano ed una volta entrata, gli si sarebbe parata davanti,
meravigliosa e splendente, nella sua serra iridescente.
Non beveva che il sabato sera, col suo
amico e collega Paul, un omone di poche parole proveniente dal New
Jersey.
Quella mattina all'interno 7B, quella
volta in cui l'aveva vista uscire sorridente con i soldi per comprare
da mangiare, “insalata magari o forse hot dog oppure chissà,
pizza”, era stata l'ultima volta che l'aveva vista. Fino a quel
giorno. Stava andando al lavoro di buona lena quando scorse tutta
quella folla vicino all'edicola, a parlottare indicando il giornale e
poi un qualche punto non ben precisato al di là dell'incrocio. Si fece
largo nel capannello e osservò la prima pagina. Ci mise un po' a
riconoscerla: l'appartamento era quello, il nome di lei era lo
stesso. Improvvisamente gli mancò il respiro e la colazione iniziò ad agitarsi violentemente nel suo stomaco. Le avevano asportato i bulbi
oculari ed aveva un pugnale nel petto. Nel cuore. Era morta. Provò
ad allontanarsi ma era tardi: vomitò sulla schiena del vecchio che
in precedenza aveva indicato la strada.
Quando ormai non riusciva più a
reggersi in piedi, lasciò cadere la bottiglia di Jack, vuota, sulla
banchina: godette del suono che fece andando in frantumi. Pochi passi
più in là, incespicò. In quella lunga, inesorabile caduta, Malik
strizzò l'occhio ai suoi demoni, liberando un risolino sardonico,
fintanto che le sue labbra non saggiarono l'asfalto.
In una notte buia, in una casa oscura, ad una tetra porta bussano... toc .. toc ... toc ... ...
RispondiElimina"Chi è?"
Una figura nera risponde: "Sono Malik, sono venuto a cuocere le uova.."
Il proprietario allibito lo lascia fare, Malik cuoce e se ne và.
La storia si ripete per molte notti...
All'ennesima notte buia, in una casa oscura, ad una tetra porta bussano... toc .. toc ... toc ... ...
"Chi è?"
Una figura nera risponde: "Sono Malik, sono venuto a mettere il vino in frigo"
Il proprietario stupito gli chiede: "Ma come, gli altri Malik cuocevano le..."
Malik lo interrompe, affermando: "Non tutti i Malik vengono per cuocere"
Chiunque tu sia, hai la mia stima. Il mio frigo è sempre aperto, Malik.
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